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«Il conte Dracula è morto a Napoli, è stato sepolto nel cuore della città ed è ancora qui»

Un gruppo di studiosi dell’università di Tallinn in Estonia che sostano in citta' in cerca di trovare risposte e svelare segreti. Affermano: «Il conte Dracula è morto a Napoli, è stato sepolto nel cuore della città ed è ancora qui» .

sostengono di avere già in mano i documenti che provano la verità, così hanno avviato una campagna di ricerche sul territorio.

La storia è affascinante, ricca di sfumature, di colpi di scena, però assomiglia troppo alla trama di un romanzo d’avventure per sembrare vera; anche perché, attualmente, manca il particolare che la renderebbe clamorosa, il colpo di scena finale: manca proprio il corpo del conte Dracula. «È per questo motivo che, dopo aver avviato studi documentali, ora siamo scesi sul campo. E sappiamo anche dove andare a cercare. Sappiamo dov’è la tomba di Dracula a Napoli»...

 

Esterno giorno, piazza Santa Maria La Nova, il gruppo che comprende anche gli italianissimi i fratelli Glinni (uno, Giandomenico, ricercatore a Tallinn, l’altro, Raffaello, studioso di storia) e il direttore scientifico del museo delle Antiche Genti, Nicola Barbatelli, varca la soglia del chiostro antico e si avvia a colpo sicuro verso una lapide. L’emozione cresce passo dopo passo fin quando il marmo è lì, a dieci centimetri. L’avevano visto solo in fotografia quel disegno, l’avevano ritrovato in rappresentazioni del ’500, ora lo vedono e restano allibiti. È proprio come avevano immaginato, i «segni» ci sono tutti, è il momento di rendere ufficiale la scoperta e di avviare ricerche formali.

Il segreto di questa sua presenza nella citta' partenopea e' dovuta inizialmente all'espatrio della figlia Maria Balsa. Così si faceva chiamare, in Italia, la figlia di Vlad III, passato alla storia come Dracula. La sua storia - e soprattutto l'ipotesi di una giovinezza trascorsa a Napoli alla corte di Ferdinando D’Aragona nel 1479 - è stata la scintilla che ha acceso i recenti studi sulla presenza della tomba del crudele «impalatore» all’ombra del Vesuvio.

Maria infatti, secondo uno studio del ricercatore Raffaello Glinni, sarebbe stata mandata dal padre nella città partenopea per salvarsi dalla persecuzione dei turchi. La storia trae origine da una cronaca antica nella quale si racconta dell’arrivo a Napoli di una giovane principessa slava. Di lei si sapeva che fosse erede a un trono importante, eppure nessuno conosceva il nome del suo nobile genitore - né lei osava rivelarlo.

Maria Balsa sposò Giacomo Alfonso Ferrillo e fece fondere il suo stemma - quello del Drago - col blasone della nobile famiglia napoletana. Sue tracce tangibili sono soprattutto in Lucania, dove si trasferì al seguito del marito. Nella cattedrale di Acerenza Maria fece realizzare una serie di opere in cui viene narrata la sua storia. Lì è dipinta in un affresco in veste di santa, mentre schiaccia un drago che ha nel volto le fattezze del padre. Non solo: c'è un fregio nella cripta che raffigura la Balsa e il marito di fronte all’altare e a Gesù. Poco distante da loro, ecco la figura inquietante di un anziano con la barba a punta e i denti aguzzi, che volta la faccia al tabernacolo.
Suggestione? Può darsi, ma lo è ancora di più una possibile etimologia del cognome che scelse Maria, quello di Balsa. Secondo alcuni studi deriverebbe da "balcana". «Ma - avverte lo studioso Glinni - il nome indicante il drago nell’antico rumeno è ”bal o balaur”, termine usato ancora oggi nel folcore locale mantre il suffisso ”sa” sarebbe come l’attuale ”son”, figlio nella lingua britannica. Quindi Bal-sa vorrebbe quindi dire: "figlia del drago"». Forse non sapremo mai la verità. Il terribile padre l'ha mai raggiunta a Napoli? E poi Maria è davvero sepolta in Basilicata? Su una tomba del chiostro di Santa Maria La Nova, poco distante da quella del Ferrillo, ce n'è un'altra. Appartiene ad Andronica Comnena, la donna che avrebbe ospitato la Balsa a Napoli. Sulla sua base è inciso a chiare lettere un nome: Maria.

fonte IL MATTINO

 

mercoledì 11 giugno 2014

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